"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Hegel? Meglio sputarci sopra!

Per quanto riguarda libri e pubblicazioni femministe degli anni ’70, sul tema dell’emancipazione del ruolo della donna e sulla filosofia di vita al femminile che ne scaturiva, uno dei più importanti scritti di riferimento è Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi (Milano, Scritti di Rivolta femminile, 1970). All’epoca fece scandalo.

L’autrice, Carla Lonzi (Firenze, 6 marzo 1931 – Milano, 2 agosto 1982), laureata in Storia dell’Arte all’Università di Firenze, e’ stata critica d’arte negli anni ’50 e ’60 (si trovano ancora sue monografie molto interessanti su Ottone Rosai, Bram Van Velde e Mario Nigro – collezionabili) ma nel 1970 lascia la professione per dedicarsi al femminismo, al gruppo di Rivolta Femminile e alla casa editrice ad esso collegata, ossia “Scritti di Rivolta Femminile“.

Di Sputiamo su Hegel ne esistono diverse edizioni, che ho cercato di riassumere nella galleria fotografica che segue. La prima edizione (con la copertina verde) è un vero oggetto del desiderio per tanti cacciatori di libri e collezionisti. Una pietra angolare del femminismo in Italia.

Di cosa parla il libro?

Intanto vediamo da quali basi partono il lavoro e le riflessioni dell’autrice. Riporto un lungo stralcio proprio dalla premessa con le parole stesse di Carla Lonzi (edizione del 1974):

Questi scritti, sia quelli firmati da me che quelli firmati collettivamente, segnano le tappe della mia presa di coscienza dalla primavera del 1970 ai primi del 72, stimolata dalla scoperta dell’esistenza del femminismo nel mondo e dai rapporti con le donne di Rivolta Femminile.

Il rischio di questi scritti e’ che vengano presi come punti fermi teorici mentre riflettono solo un modo iniziale per me di uscire allo scoperto, quello in cui prevaleva lo sdegno per essermi accorta che la cultura maschie in ogni suo aspetto aveva teorizzato l’inferiorita’ della donna. Per questo la sua inferiorizzazione appare del tutto naturale.

Le donne stesse accettano di considerarsi “seconde” se chi le convince sembra loro meritare la stima del genere umano: Marx, Lenin, Freud e tutti gli altri. Mi sono sentita stimolata a confutare alcuni tra i principi fondamentali del patriarcato, non solo di quello passato o presente ma di quello prospettato dalle ideologie rivoluzionarie.

Il nostro Manifesto contiene le frasi più significative che l’idea generale di femminismo ci aveva portato alla coscienza durante i primi approcci tra di noi. La chiave femminista operava come una rivelazione. Il bisogno di esprimersi e’ stato da noi accolto come sinonimo stesso di liberazione.

Sputiamo su Hegel” l’ho scritto perché ero rimasta molto turbata constatando che quasi la totalità delle femministe italiane dava più credito alla lotta di classe che alla loro stessa oppressione.

Quando ne’ rivoluzione, ne’ filosofia, ne’ arte, ne’ religione godevano piu’ della nostra incondizionata fiducia, abbiamo affrontato il punto centrale della nostra inferiorizzazione, quello sessuale. […]

[…] Prendendo coscienza dei condizionamenti culturali, di quelli che non sappiamo, non immaginiamo neppure di avere, potremmo scoprire qualcosa di essenziale, qualcosa che cambia tutto, il senso di noi, dei rapporti, della vita. Via via che si andava al fondo dell’oppressione il senso della liberazione diventava piu’ interiore. Per questo la presa di coscienza e’ l’unica via, altrimenti si rischia di lottare per una liberazione che poi si rivela esteriore, apparente, per una strada illusoria.

Per esempio, lottare per il domai, un domani senza condizionamenti per la donna, un domani così lontano che neppure noi ci saremo. L’uomo ha sempre rimandato ogni soluzione a un futuro ideale dell’umanità, ma non esiste, possiamo pero’ rivelare l’umanità presente, cioè noi stesse.

Nessuno a priori e’ condizionato al punto da non potersi liberare, nessuno a priori sara’ cosi’ non condizionato da essere libero. Noi donne non siamo condizionate in modo irrimediabile, solo che non esiste nei secoli un’esperienza di liberazione espressa da noi.

 

Una vera e propria presa di coscienza

Uno degli aspetti più controversi e che all’epoca scatenò grandi polemiche e imbarazzi nella “società benpensante” fu quello della diatriba tra piacere clitorideo e vaginale e del piacere sessuale “in proprio”, disgiunto dalla volontà dell’uomo. A tal proposito , ecco uno uno stralcio dal libro (edizione del 1974):

Il piacere vaginale non è per la donna il piacere più profondo e completo ma è il piacere ufficiale della cultura sessuale patriarcale. raggiungerlo per la donna significa sentirsi realizzata nell’unico modello gratificante per lei: quello che appaga le aspettative dell’uomo.

Nella seduta amorosa la donna non deve aspettare dall’uomo delle maldestre iniziative sulla clitoride che la disturbano, ma deve mostrare lei stessa quale è la carezza ritmica preferita che, ininterrotta, la porta al punto del godimento. Il rapporto con una donna che vuole il piacere clitorideo come sessualità in proprio non presuppone una tecnica e gesti erotici inusitati, ma un diverso rapporto tra soggetti che riscoprono le loro fonti del piacere e i gesti ad esse convenienti. L’uomo deve sapere che la vagina è, per la donna, una zona moderatamente erogena e adatta ai giochi sessuali mentre la clitoride è l’organo centrale della sua eccitazione e del suo orgasmo.

La donna clitoridea non ha da offrire all’uomo niente di essenziale, non si aspetta nulla di essenziale da lui. Non soffre di dualità e non vuole diventare uno, Non aspira al matriarcato che è una mitica epoca di donne vaginali glorificate. La donna non è la grande – madre, la vagina del mondo, ma la piccola clitoride. Per la sua liberazione essa chiede carezze, non eroismi. Vuole dare carezze, non assoluzione e adorazione. La donna è un essere umano sessuato. Al di fuori del legame insostituibile comincia la vita tra i sessi. Non è più l’eterosessualità a qualsiasi prezzo, ma l’eterosessualità se non ha prezzo.

 

 

Disponibilità delle varie edizioni (sempre aggiornato)

Di Sputiamo su Hegel in prima edizione si è già detto che è quasi una chimera. Però si tratta anche di un libro conosciuto a pochi e può darsi che in qualche mercatino si possa trovare, magari a due euro, perché è solito sfuggire all’attenzione.

 

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