"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Non dimentichiamo chi è indimenticabile

 

Mauro Curradi (1925-2005), pisano, è stato uno scrittore fuori dalla pazza folla, lontano dalle accademie, avulso da ogni etichetta. Uno di quelli che piacciono tanto al cacciatore di libri. Di lui il primo dato che balza agli occhi è lo straordinario nomadismo, i suoi viaggi, le lunghe permanenze all’estero dove ha insegnato nelle università locali e diretto vari istituti di cultura italiana. Da Stoccolma ad Addis Abeba, da Nuova Delhi a Tel Aviv, fino a Tunisi. Oltre a una lunga permanenza in Marocco.

Lo possiamo senz’altro definire come un nomade dell’intelletto, uno zingaro del sapere che ha percorso le vie non consuete, anzi, per lo più disprezzate dalla cultura mainstream. Un arabo tra gli arabi, un ebreo tra gli ebrei. Senza preconcetti, ma anche senza infatuazioni misere e sciocche. Non ha solo amato i popoli che ha frequentato, ma li ha odiati quando era il caso, sostenuti o contrastati a seconda di quello che facevano o di quello che dicevano. Come in effetti dovrebbe essere nell’esercizio dell’onestà intellettuale da parte di chiunque.

In carriera ha pubblicato vari romanzi, ma – per sua stessa ammissione – gli è mancato il successo alla “Via col vento“, quello in grado di scalare le classifiche di apprezzamento, capace di attirare l’attenzione della critica e del lettore. Non che la cosa, in fondo, gli interessasse più di tanto. Ma solo per dire le cose come stanno.

 

La trilogia e la critica

 

Curradi è per lo più noto per la cosiddetta trilogia d’Africa, formata dai romanzi Via da me (Mondadori, 1970), Cera e oro (Ripatransone, Sestante, 1993) e Persona non grata (Brescia, L’Obliquo, 1997). Aveva comunque esordito – neanche trentenne –  con Gli ermellini (Roma, Ruiz e Carucci, 1954) per poi approdare in Mondadori con Schiaccia il serpente (1964).

Soprattutto nei tre romanzi formanti la trilogia d’Africa, la critica ravvisa il motivo di fondo dell’esilio, ma soprattutto c’è traccia di un complicato e vasto processo di iniziazione che porta l’autore a vedere nell’Africa e nel medio Oriente le nuove frontiere dell’espressione libera e disincantata. Curradi sembra sempre alla ricerca di qualcosa, non si sa se di un altro se stesso o di un se stesso conosciuto ma da sempre taciuto.

In una toccante intervista rilasciata a Roberto Saviano su Nazione Indiana del 24 agosto 2004, Curradi racconta di come ebbe il primo contatto col mondo africano, presso Al-Ḥoseyma, Marocco settentrionale, situata nella punta occidentale del Mediterraneo. Fu lì che gli venne l’ispirazione per scrivere Via da me, che poi sarà pubblicato da Mondadori. Il libro fu scritto parte in Marocco, parte in Italia, e finito in Svezia, dove nel frattempo si era spostato, nel suo nomadismo culturale. Ricordiamo che in in Svezia Mauro Curradi fu vice-direttore dell’Istituto di Cultura Italiana.

Via da me – dice Curradi a Saviano – “(…) ebbe un discreto successo, certo, il successo esiguo che possono avere i miei libri, non avendo scritto VIa col vento, purtroppo…”

In questo continuo movimento, Marocco, Svezia, Etiopia, India, Israele, Tunisia, c’è stato forse in te un desiderio di fuga? – lo incalza garbatamente Saviano.

“Andai in Etiopia in cerca di verità e di un libro da scrivere che, dopo Via da me, approfondisse la mia esperienza africana. Trovai la paura di quello che aveva affascinato la mia infanzia e di quanto stava accadendo allora nel 1970, mentre la contestazione giovanile entusiasmava le capitali europee. Con l’idea di scrivere un instant book presi centinaia di appunti, ma sentivo che per qualche ragione dovevo scrivere quel libro in Italia al cospetto di una società che voleva dimenticare. Sono semplicemente andato ovunque, e ovunque mi sono sempre sentito libero. In ogni luogo e in ogni viaggio non sono scappato ma ho affermato la mia libertà.”

 

Scrive Giacomo Trinci nell’introduzione della ri-edizione di Via da me (L’Obliquo, 2000):

“Prima parte di un trittico “africano” che ha in Cera e oro (Sestante, 1993) e in Persona non grata (L’Obliquo, 1997) gli altri due momenti essenziali, ecco lo splendido Marocco che, insieme ad un racconto-viaggio in Jugoslavia, costituiva il libro edito da Mondadori nel 1970: Via da me, appunto.
Straordinaria cronaca frammentata di una fredda, lucida metamorfosi vissuta non sotto la specie di borghese tentazione estetica, ma come esperienza di doveroso allontanamento dalle seduzioni di una soggettività commossa e pacificante. Il va e vieni, scalato in diversi anni e stagioni, tra Italia e Marocco, disegna l’inconfondibile passo di una declamazione interrotta che continuamente confronta a distanza le interferenze di un io da cui è necessario liberarsi. Il libro di Curradi, ricomparso dopo anni, conferma storicamente la propria mirabile estraneità al mondo letterario che lo circonda, e continua ad offrirsi come presenza-scandalo: quando esce, nel 1970, i temi della discussione erano passati dall’impegno alla neo-avanguardia; adesso, la restaurazione dei generi, il cannibalismo di plastica, congiurano verso l’esclusione di tutto ciò che ha a che fare con il reale, pur esaltando una sua male intesa imitazione. In questo difficile corpo a corpo fra scrittura e mondo, che mira in Curradi ad identificarsi in una sorta di antropologia borghese analizzata ferocemente in tutti i suoi aspetti, come sarà anche nei libri successivi di questo grande solitario scrittore, memoria e pensieri del soggetto vengono staccati come pericolose seduzioni, vischiose eredità di un mondo accolto e rifiutato in pari tempo: di qui, l’estremo pudore richiesto dall’operazione scandalosa, appunto, che il quasi anonimo cronista compie su se stesso in questo racconto: poter uscire dal guscio del proprio sgomento, e guardare il reale: come scompare, vibra e sguscia davanti a noi.”

 

La situazione dei libri di Mauro Curradi

 

Molto interessante la produzione e il livello di rarità delle opere di Curradi.

 

Il caso di Via da me

 

1° ed. (Mondadori, 1970)

2° ed. (L’Obliquo, 2000)

Possiamo considerare come titolo di punta della produzione dello scrittore pisano quel Via da me che uscì per Mondadori nel 1970, con editing di Cesare Garboli. Ricordiamo che il libro è stato ristampato dall’editore bresciano L’Obliquo nel 2000 in un’edizione di 500 esemplari di cui 35 con una fotografia eseguita dall’autore. Ebbene, tanto la prima che la seconda edizione sono praticamente sparite dalla circolazione.

Il libro in prima edizione è coevo di quel La Distruzione di Dante Virgili, caso editoriale e libro attivamente ricercato da collezionisti e bibliofili. Appare nella stessa collana Scrittori italiani e stranieri.

 

Anni ’50 e ’60

 

Gli ermellini (Roma, Ruiz e Carucci, 1954)

Città dentro le mura (Roma, Carucci, 1957)

Il primo libro pubblicato, Gli ermellini (Roma, Ruiz e Carucci, 1954) è molto difficile da rintracciare. Valutazioni sostenute, nel caso.

Sempre degli anni ’50, un libro sempre meno reperibile è la raccolta di racconti Città dentro le mura (Roma, Carucci, 1957), che fu stampata presso la Tipografia Foro Traiano. Anni fa si era vista una copia in vendita dedicata ad Aldo Palazzeschi, grande amico di Curradi.

Schiaccia il serpente (Mondadori, 1964)

L’ingresso in Mondadori coincide con l’uscita di Schiaccia il serpente (1964), romanzo che uscì per la collana Il tornasole, la stessa dove comparve Diario minimo di Umberto Eco, La spartizione di Piero Chiara e Fantabulous di Giorgio Soavi.

 

 

 

 

 

 

Gli ultimi anni

 

Con Cera e oro (Ripatransone, Sestante, 1993) e Persona non grata (Brescia, L’Obliquo, 1997) si completa il ciclo africano – o Trilogia d’Africa che dir si voglia. Sia di Cera e oro che di Persona non grata uscirà una seconda edizione a cura dell’editore Meridiano zero di Padova, entrambe nel 2003.

 

Altri titoli del non particolarmente prolifico scrittore pisano, usciti negli ultimi anni, sono: Passato prossimo in due edizioni (L’Obliquo, 1999; Meridiano zero, 2003) e Junior (Meridiano zero, 2005).

 

 

 

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