Il concetto di mente, di Gilbert Ryle (Roma; Bari, Laterza, 2007)
Sembra completamente sparita dalla circolazione – a una quindicina di anni dall’uscita – l’opera fondamentale del grande filosofo inglese Gilbert Ryle (1900-1976).
Ryle sviluppa una critica del dualismo mente-corpo, diffuso nella filosofia occidentale da Cartesio in poi. L’idea di una mente come entità indipendente, che abita e controlla il corpo, va rifiutata come un rimasuglio superfluo di un periodo antecedente lo sviluppo della biologia moderna e che non può più essere preso alla lettera. Parlare di una mente e un corpo come entità separate può avere solo la funzione di descrivere metaforicamente le abilità di organismi complessi, come strategie per la risoluzione di problemi, capacità di astrazione e generalizzazione, di generare ipotesi e metterle alla prova, eccetera, in relazione al loro comportamento. [fonte: Wikipedia]
Dalla scheda editoriale:
“Oggi, Il concetto di mente è un testo molto più ricco di quando Ryle lo scrisse alla metà del secolo scorso. Di certo vi trovo molte più cose ora di quando lo lessi da studente universitario nel 1960. In effetti, di recente sono stato colpito dal fatto che molti dei temi che stanno riemergendo come le linee di ricerca più gettonate nella scienza cognitiva all’avanguardia presentano una sorprendente somiglianza con temi ryleani ignorati da tempo: la cognizione incarnata e ‘situata’, l’idea che la mente non si collochi nel cervello, che le abilità non vengano rappresentate, che si possa avere intelligenza in assenza di rappresentazione, per menzionare solo i temi più noti.” [dalla prefazione di Daniel C. Dennett]
Disponibilità del libro (sempre aggiornato)