"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Macchine celibi: l’inutile dannoso?

 

Le macchine celibi / the bachelor machines, con testi di Marc Le Bot … [et al.] (Venezia, Alfieri, 1975). Il libro contiene interventi di vari specialisti e studiosi sul campo cosiddetto delle “macchine celibi” (the bachelor machines), che sono sculture dinamiche animate da movimenti illogici, non prevedibili e asequenziali, peculiare espressione delle avanguardie artistiche del Novecento a cominciare dal “Grand Verre” di Marcel Duchamp (ma con numerose esperienze analoghe nei secoli precedenti).

Il volume è di fatto il catalogo ragionato della mostra tenutasi a Venezia presso i Magazzini del sale (settembre – ottobre 1975) per la Biennale e in altri musei europei.

Le macchine celibi, che non producono niente di utile sprecando energia, si configurano come critica irridente e giocosa dei meccanismi produttivi industriali e della fiducia cieca nella tecnologia.

 

Sulle “macchine celibi”

Le macchine celibi sono un concetto introdotto dall’artista Marcel Duchamp all’inizio del XX secolo. Il termine si riferisce a macchine e dispositivi progettati per svolgere un’unica funzione specifica, proprio come uno scapolo (celibe) che rimane single e si dedica al suo lavoro o hobby.

Duchamp credeva che queste macchine rappresentassero un nuovo tipo di estetica, che valorizzava la funzione e l’efficienza rispetto alla forma e alla decorazione. Il concetto di macchine celibi ha avuto un impatto duraturo sull’arte e sul design, con molti artisti e designer che hanno adottato i principi di efficienza e funzionalità nel loro lavoro.

Tuttavia, alcuni critici sostengono che questo approccio può portare a una mancanza di creatività e immaginazione e che la bellezza e la forma dovrebbero comunque essere apprezzate oltre alla funzionalità.

In conclusione, il termine “macchine celibi” si riferisce a dispositivi e macchine funzionali introdotti da Marcel Duchamp. Sebbene abbiano avuto un impatto sull’arte e sul design, alcuni critici sostengono che valorizzare la funzionalità sopra ogni altra cosa possa portare ad una alienazione negativa dalla realtà.

 

 

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