"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

Troppi avvocati!, di Piero Calamandrei (Firenze, La Voce, 1921).

 

In un momento in cui si discute tanto del ruolo dell’avvocatura nella società, è interessante notare come la riflessione di Piero Calamandrei, espressa nel suo celebre saggio “Troppi avvocati!”, risalente a centodue anni fa, sia ancora attuale e meriti una rilettura.

Il punto centrale della riflessione di Calamandrei è la considerazione che la categoria degli avvocati è molto eterogenea, ma dall’esterno viene percepita come monolitica. Inoltre, l’avvocatura presenta una duplice natura: da un lato è una professione privata che si sta sempre più orientando verso metodi imprenditoriali, dall’altro ha una funzione pubblicistica importante.

Il risultato è un quadro dissonante, con un aumento degli avvocati che sembra inspiegabile solo con la razionalità economica, una riduzione dei redditi medi e una grande variabilità dei compiti e dei compensi. Emergono allo stesso tempo realtà organizzate e specializzate molto lontane dall’immagine classica dell’avvocato.

L’idea centrale è quindi quella che il problema non sia tanto il numero di avvocati, ma di quali avvocati c’è bisogno e in che modo la professione può svolgere un ruolo utile per la società.

 

Chi è stato Piero Calamandrei

Piero Calamandrei è stato un importante giurista, avvocato, docente universitario e politico italiano, nato a Firenze il 21 Aprile 1889 e morto nella stessa città il 27 Settembre 1956. Fu uno dei fondatori del Partito d’Azione e, dal giugno 1946 al gennaio 1948, fu capogruppo all’Assemblea Costituente del medesimo partito. Come deputato dell’Assemblea Costituente si occupò di molti incarichi parlamentari, tra cui quello di componente della Giunta delle elezioni e della Commissione per la Costituzione.

Tra le opere più famose di Calamandrei vi è “Troppi avvocati!” che, scritta nel 1921, è ancora oggi considerata una delle denunce più acide sulla giustizia italiana. Calamandrei criticò il sistema giudiziario italiano dell’epoca, caratterizzato da una giustizia lenta e inefficace, ostacolata da una classe di avvocati che teneva conto solo dei propri interessi. Quest’opera fu molto importante perché portò a una riforma della giustizia italiana con la creazione di un nuovo Codice di procedura civile nel 1940.

 

 

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