Il carteggio ritrovato Moro/Nenni
di Alessandro Caparesi
Il carteggio ritrovato (1957-1978) Aldo Moro – Pietro Nenni (Roma, Arcadia Edizioni, 2024); introduzione di Renato Moro; prefazione di Marco Damilano e Fabio Martini; a cura di Stefano Godano, Renato Moro e Antonio Tedesco.
L’opera riguarda lo scambio di comunicazioni – sia messaggi brevi, sia più articolati – tra due personaggi che, pur apparendo diversi sotto vari punti di vista, dall’età alle esperienze personali, agli schieramenti politici, hanno contribuito alla costruzione del cosiddetto centrosinistra.
Pietro Nenni proveniva dalla travagliata esperienza del secondo conflitto mondiale dopo essere transitato per un effimero entusiasmo per il “proto fascismo”, quello ancora “fresco” d’ispirazione sociale e socialista, per poi “scavallare” decisamente alla sponda antifascista, mentre Aldo Moro era il classico intellettuale, oggi diremmo un po’ secchione, casa e chiesa e per via naturale confluito nella Democrazia Cristiana.
Si premette che parte integrante e fondamentale del testo sono le nutrite note la cui lettura è indispensabile per cogliere i vari riferimenti. Procedendo nella lettura si nota presto anche il differente temperamento dei due: Nenni tende a essere diretto, schietto, senza giri di parole esprime le difficoltà nello svolgere il proprio compito, Moro invece usa anche nella prosa quel linguaggio spesso obnubilante che ne ha contraddistinto gli interventi orali (il che non gli valse la simpatia di taluni operatori diplomatici sul nostro territorio).
Quando necessario Nenni non esita a ammettere i propri errori (ad es. a pag. 194) e in genere appare più attivo nella corrispondenza. Nondimeno, all’avvenuta morte della moglie del socialista, si nota nell’immediato una maggiore attività epistolare del democristiano, come a voler coinvolgere l (’ormai divenuto) amico per distrarlo dal dolore. Nel prosieguo degli anni si nota chiaramente una maggiore confidenza tra i due. Parte da Nenni, più anziano, lo sdoganamento alla seconda persona singolare, abbandonando la formalità del lei. Il tono degli scritti di Moro, si diceva, è più compassato, eppure anch’egli “sbotta” quando è costretto a segnalare la pessima abitudine di certi colleghi che smettono di lavorare il sabato mattina per poi ripresentarsi il lunedì pomeriggio. La bacchettata prosegue richiedendo la presenza per la giornata di sabato, invece, anche al pomeriggio se necessario; in ogni caso si deve essere presenti il lunedì mattina (pp. 235/236).
Cosa ha accomunato, quindi, i due politici? L’esperienza del centrosinistra, i governi “messi su” dalla loro collaborazione, sono frutto dell’esigenza di ricostruzione di una nazione uscita devastata dai conflitti della prima metà del secolo, sia il primo sia il secondo. La retorica che ha imbevuto i libri di storia, a cominciare da quelli scolastici, ha tentato di nascondere la verità come la polvere sotto al tappeto, ma gli effetti della devastazione del territorio italiano operata dai cosiddetti Alleati sono tuttora ben visibili nelle nostre città, e perfino in alcuni piccoli e sfortunati centri (Aulla e Montecassino, per esempio), devastazione sulla cui utilità strategica e bellica non è questa la sede cui riferire.
Alle macerie fisiche si aggiunsero quelle umane, in un Paese nel quale per parecchi la guerra durò ben oltre l’ufficiale dichiarazione di fine ostilità così acuendo le frizioni tra gli schieramenti, e il dibattuto esito della consultazione referendaria tra monarchia e repubblica non ha certo evitato di gettare benzina sul fuoco. Si aggiunga che la sbandierata defascistizzazione del dopoguerra è valsa solo nei confronti di alcuni ed ecco il quadro di un Paese ancora impaludato nel dilemma se una volta fatta l’Italia siano stati fatti anche gli italiani, dilemma frutto di un incancrenito particolarismo accumulato nel corso dei secoli.
È in tale situazione, che non poteva non riverberarsi nel contesto internazionale così ponendo il Belpaese come vaso di coccio tra vasi di ferro, che i nostri politici si sono apprestati alla ricostruzione. Le necessità, riportate anche nel libro e esplicitate da Nenni, sono le solite, nell’intento anzitutto di aiutare le fasce meno abbienti della popolazione attraverso l’accesso all’istruzione, alla sanità pubblica, ai trasporti (quanti ponti erano rimasti in piedi nel 1945?), alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, alla tutela dei diritti dei lavoratori ecc. ecc.
Moro e Nenni hanno presto compreso che le loro diversità, anziché essere di ostacolo, potevano tradursi in opportunità, come qualcuno che riesce trovare un appiglio proprio tra i “rovi” della sponda opposta, un appiglio cui aggrapparsi e fidato ancor più di quelli presenti nella propria sponda. Il loro rapporto può ricordare, mutatis mutandis, quello intercorso tra Falcone e Borsellino, ossia un rapporto tra due uomini che hanno anteposto gli interessi nazionali a sé stessi, due servitori dello Stato sic et simpliciter. Agendo ognuno nel proprio schieramento, hanno lavorato per smussare gli angoli, per individuare possibili soluzioni mediane, per “salvare il salvabile” come cantava Bennato.
Nel procedere dei contatti, in sostanza, ognuno si è convinto di potersi fidare dell’altro perché comuni erano gli obiettivi importanti, in mezzo alle mille difficoltà poste da una nazione che poteva essere varie cose tranne che il migliore esempio di sé stessa. Ancora una volta è Nenni a parlare chiaro: non ha problemi a ingoiare rospi (valga, tra i vari, la scissione interna al PSI), purché le agognate riforme siano attuate (cfr. pag. 242).
Chi volesse approcciare il testo alla ricerca di eventuali “segnali” di quello che sarebbe stato il triste destino dello statista pugliese non troverebbe qui soddisfazione, eppure tra le righe dei tristi fatti a venire del Settantotto se ne avvertono gli echi, almeno nei loro apparentemente lontani echi internazionali. Non è esplicito nel carteggio se i due avessero chiara la sostanziale direzione esogena dei nostri vari governi, eppure è sufficiente leggere – o rileggere per chi l’ha vissuta – la serie di “raccomandazioni” sollecitate all’Italia dall’Europa tramite l’allora presidente Walter Hallstein, una “lista della spesa” che occupa le pagine da 103 a 110 del libro il cui contenuto si commenta da solo.
Il libro termina in modo mesto, nel naturale evolversi delle cose: trapela via via un tono stanco, ma lo spirito non è domo, nella consapevolezza di aver dato il possibile, forse anche di più. Il completamento della lettura – si avverte: non semplice, da addetti ai lavori o per “completisti” – infine pone una domanda cruciale: se vi sia ancora posto, oggi, nel nostro Paese in cui quanto ottenuto nel corso dei governi di centrosinistra è soggetto a continua erosione, per uomini come Nenni e Moro, uomini per i quali parole come onore, rispettabilità e amor patrio non suonano vuote. Chissà se i posteri saranno in grado di rispondere.
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