Bianciardi com’era, di Mario Terrosi (Viterbo, Nuovi Equilibri/Stampa Alternativa, 2006).
Due parole su questo libro
Mario Terrosi (1921-1999), il tipografo-scrittore di Grosseto, già balzato alle cronache per via del suo brillante romanzo d’esordio La casa di Novach (Feltrinelli, 1955) che ebbe all’epoca buoni riscontri di critica, nel 1974 – a soli tre anni di distanza dalla scomparsa del suo fraterno amico Luciano Bianciardi (1922-1971), decide di pubblicare un libricino di lettere. Corrispondenza privata fra i due amici, nell’arco temporale 1954-1971. Diciassette anni possono non sembrare moltissimi, ma coprono tutta la vita produttiva del grande scrittore, trasferitosi a Milano dalla natia Maremma e autore de Il lavoro culturale, L’integrazione e La vita agra, una trilogia che ha dipinto l’Italia del boom economico, del capitalismo, della nascita dell’era consumistica, aspetti tanto stigmatizzati dall’autore toscano. Si va dalla tragedia della Miniera di Ribolla del 1954, dove morirono 43 minatori, e dal susseguente scritto (con Carlo Cassola) I minatori della Maremma (Bari, Laterza, 1956), alla già citata trilogia e ad Aprire il fuoco (Rizzoli, 1969), il suo ultimo lavoro pubblicato in vita.
Il libro Bianciardi com’era fu pubblicato dall’editore Il paese reale di Lino Pasquale Bonelli nel 1974. Bianciardi è morto da poco e la critica sembrava già averlo dimenticato. L’iniziativa di Terrosi è la prima, in ordine di tempo, che rompe questa coltre di silenzio. Il libro, però, un po’ per la limitata diffusione, la scarsa forza dell’editore e un po’ perché probabilmente capita nel momento sbagliato, non ottiene grandi risultati. Quelle lettere verranno riproposte e pubblicate nel 1985, nell’opera L’intellettuale disintegrato: Luciano Bianciardi (Roma, Ianua), firmata da Mario Terrosi e Alberto Gessani. Più o meno stessa sorte del libro precedente.
Una censura inaspettata
Passano circa vent’anni. Nel 2006 tutto è pronto per una nuova edizione dell’originale Bianciardi com’era del 1974. Il deus ex machina dell’operazione è Marcello Baraghini, con la sua Stampa Alternativa. Tutto è pronto, come spiega Antonello Ricci, uno dei due curatori (l’altro è Corrado Barontini), nel suo Questo ‘lavoro culturale’ non s’ha da fare. Prima gli eredi di Mario Terrosi, poi quelli di Bianciardi, rendono impossibile l’uscita dell’opera. Il librettino era già stampato dal tipografo in un numero congruo di copie, accatastate in magazzino e pronte per le librerie. Ma nelle librerie non ci sono mai arrivate. Il libro portava la prefazione di Pino Corrias (classe 1955) che negli anni ’90 aveva avuto una parte importante nell’opera di rivalutazione di Bianciardi come narratore e voce degli anni del miracolo economico dell’Italia.
Qualche libro su/di Luciano Bianciardi da portare a casa (prima che sia troppo tardi…)