Una solenne incazzatura
di Carlo Ottone
La Maria del Bianciardi e altre storie, di AA. VV. (Pitigliano, Le StradeBianche di StampaAlternativa, 2022).
Una solenne incazzatura. Furono la vita e l’opera di Luciano Bianciardi, l’espressione è dello stesso Bianciardi in una lettera a un amico nel 1962. Quest’anno sono cent’anni dalla nascita dello scrittore maremmano, scomparso nel 1971; alla sua morte cadde nell’oblio la figura di scrittore, giornalista e polemista, lui stesso scriveva in La vita agra, 1962 “Deve essere un bel funerale […] Poi si scordino pure di me”, ad onta del fatto che è stato uno dei più originali scrittori del ’900.
La vita agra con Il lavoro culturale, 1957 e L’integrazione, 1960 costituiscono la trilogia dell’incazzatura. Solo nel 1993 una biografia traccia la sua vita e le sue opere in un libro dal titolo indicativo Vita agra di un anarchico di Pino Corrias. Arrabbiato, inquieto, in rivolta contro la società di allora, che come oggi, abbagliata dallo sviluppo, dal boom economico e non sociale, avanzava verso il nulla, il vuoto, dai luoghi comuni alle mascherate sociali, Bianciardi, e dopo di lui pochi altri, l’avevano capito, nei lavori dello scrittore maremmano si riverbera tutta la carica “eversiva” di chi vede un intenso periodo di meccanizzazione, di aridità nei rapporti sociali, del successo, che per lui è il participio passato di succedere.
Quest’anno sono cent’anni dalla nascita e non mi pare che vi siano state, o vi siano in programma, celebrazione che di solito si riservano in questo caso; alcuni articoli sono comparsi sulla stampa ma nessuno ha pensato a Maria Jatosti, che per vent’anni è stata a fianco di Bianciardi nella vita agra e nell’integrazione nella Milano che allora non era, ancora, da bere ma era il motore del boom economico.
“Lui, Luciano e pochi altri, lo avevano capito fin da allora dove si annidava la fregatura, dove si andava a parare con quel bengodi del boom” sono parole della Jatosti che ricorda Luciano Bianciardi in un agile libro editato da Le StradeBianche di StampaAlternativa dal titolo La Maria del Bianciardi e altre storie, al momento scaricabile dal sito dell’editore. Ci sarà anche la versione cartacea.
Un appassionato ricordo de:
“L’amico dei minatori, l’appassionato di Garibaldi, il funambolico fabbricatore di lingue e sistemi letterari, il camminatore solitario […] Eccoci qua a dire quelle che sappiamo […] e che nessuna parola scritta su un foglio potrà mai dirci la verità di un uomo. Ma siamo qui, ostinati,per amore per presunzione [….]. Il ricordo della Jatosti L’utopia perduta ripercorre quegli anni di vita e di lavoro con lo scrittore maremmano fino “All’alba del 14 novembre. La fine. Non aveva ancora compiuto cinquant’anni”.
Come specificato dal titolo, altre storie sono raccontate da Marco Palladini che traccia il rapporto di Bianciardi con Milano in Uno sparviero tramutato in scricciolo. “Per questo il suo ricordo romantico, rabbioso di “italieno” doc, di sparviero tramutato in scricciolo, mi è oggi assai caro”.
Antonello Ricci scrive del Bianciardi garibaldino e dei suoi libri sul risorgimento. Vi è uno scritto di Carlo Lizzani che trasse un film (1964) da La vita agra “[…] che mi conquistò subito, fin dalla lettura delle prime pagine […] che bel film poteva diventare quell’opera di Luciano Bianciardi. Così radicata in una realtà italiana intensamente percorsa, a quei tempi, da un’inquietudine nuova”.
Milli Griffi con Il piacere di lavorare sulla lingua, un aspetto di Bianciardi ancora poco studiato:
“Il piacere di lavorare sulla lingua l’aveva preso da Tommaseo, il cui dizionario aveva sempre a portata di mano”; chi scrive ha letto tutta l‘opera omnia di Bianciardi, e i suoi articoli, ed ha annotato centinaia di locuzioni, di parole, di scioglilingua che toccano il vertice nella scrittura di un altro suo capolavoro Aprire il fuoco, 1969, il suo testamento letterario e non solo, la sua” […] è una scrittura di alta sperimentazione”.
Donato Di Stasi in La fabbrica policroma di Bianciardi si sofferma sui lavori dello scrittore maremmano che “[…] non può non risultare un salutare farmaco l’opera intera, libertaria e acutissima, di Luciano Bianciardi”.
Un album fotografico conclude il lavoro, un lavoro “Tutto raccontato dalla parte di lei, in prima persona, la Maria del Bianciardi, sbarcata a Milano nel 1955 con due valigie di libri e di sogni”.
Un centenario ricordato con la passione, un ricordo intenso non un “coccodrillo”: un articolo commemorativo già confezionato che appare sentito e sincero mentre in realtà è stato freddamente preparato dalla redazione dei giornali per l’occasione. Un lavoro propedeutico, voluto da Marcello Baraghini, utile per conoscere un intellettuale dis-organico, un alieno nel panorama della letteratura italiana che ancora ci parla.
Disponibilità di alcune delle opere citate (sempre aggiornato)
Scaricare La Maria del Bianciardi e altre storie in versione elettronica dal sito dell’editore
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