"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

Lo confesso: ho rubato la marmellata

Remo Remotti (1924-2015), scrittore, poeta, attore, comico, umorista, ma anche pittore e scultore. Un personaggio con la P maiuscola che ha attraversato la nostra epoca, spaziando in varie arti e lasciando sempre traccia del suo passaggio. Fate un salto alla Gnam, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, o sul suo sito per ammirare Cubo grande (1965) o Tentativo (1969) o Grande Giallo (1971).

Emigrante, ha conosciuto Perù e Germania, nelle sue esperienze di vita. Pittore, scultore, fumettista. Nei primi anni ha sperimentato tutte le strade artistiche. Dopo la sua scomparsa è proprio il Remo Remotti artista il lato che alcune mostre ed eventi internazionali hanno maggiormente messo in luce.

Nel cinema lo conoscevano tutti. Ha infatti lavorato con Marco Bellocchio, Francis Ford Coppola, Enzo DecaroMichael Lehmann, Nanni Loy, Carlo Mazzacurati, Nanni Moretti, Maurizio Nichetti, Ettore Scola, i fratelli Taviani e Peter Ustinov.. E con molti altri. Qualcuno se lo ricorderà nei panni di Emilio Caprese, un boss mafioso, in una puntata dell’Ispettore Derrick, al fianco del mitico Horst Tappert che naturalmente lo incastrerà.

Conosciuto anche in ambito musicale.  Abbastanza celebre la canzone (Mamma) Roma, Addio! in collaborazione con i Recycle.

Tra i suoi libri – oltre che sceneggiatore è stato scrittore e poeta – il suo successo maggiore fu probabilmente il primo, Ho rubato la marmellata (Roma; Venezia, Le parole gelate, 1983). Ristampato da Iacobelli nel 2012.

Di cosa parla il libro

Tanti affreschi che scandiscono, anno dopo anno, il secolo nostro progenitore, dagli anni ’30, con le sue esperienze all’estero, in particolare in Perù, i problemi mentali, le amicizie coi registi che contavano, la sua passione per Roma, che a tratti si tramuterà in forte avversione.

“La Roma che ci invidiano tutti, la Roma sempre col sole d’estate e d’inverno…

Tutti questi aspetti, in un frasario ora bucolico – che ricorda apertamente Bukowski – ora filosofico. E poi la sua arte, gli incontri con gli uomini simbolo del Novecento italiano, coi trasgressivi, da Piero Manzoni a Lucio Fontana. Gli aneddoti, le storie vissute, a volte virgolettate. Odi e amori che spesso si invertivano di posto.
Leggendo Remotti si passa in carrellata la parte significativa di un secolo straordinario, con ritagli personali e collettivi che convivono all’interno di un unico grande e irriflessivo affresco di memoria trapiantata. Non c’è niente di nuovo sotto il sole, tranne la confessione che domina il suo palare, quel “ho rubato la marmellata” che è autoanalisi e allo stesso tempo filosofia da bar. E allo stesso tempo, l’unica cosa che conta veramente.

 

 

La sua vena umoristica e le doti di caricaturista vengono fuori maggiormente con la sua seconda fatica, Mio nonno era un cavallo: palaz-zoo, di Mulatier, Ricord, Marchoisne; prefazione di Maurizio Costanzo; testi di Remo Remotti (Roma, Technipress, 1986). In copertina caricatura di Bettino Craxi che si trasforma in rana e scritta trasversale “bêtes-seller” (in francese bêtes è “bestie”). Libro che nel frattempo si è fatto piuttosto raro.

 

 

Chicche da “cacciatore”

Ma i libri di Remo Remotti che danno più soddisfazione non sono quelli più noti. Diario segreto di un sopravvissuto, per esempio uscì per Einaudi nel 2006. Preda facile. Che ne dite di qualche editore locale, ma importante, e soprattutto che ha il merito di aver creduto nel personaggio, di averci investito? Per esempio la Noubs di Chieti, che tra il 1996 e il 2012 ha fatto uscire cinque titoli. Prima ancora c’era stata la Tracce di Pescara, che nel 1992 fece uscire Poesie con spogliarello. Libro di difficile reperimento.

 

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