Bianciardi com’era di Mario Terrosi (Grosseto, Il paese reale, 1974)
Brossura editoriale; formato di 11,3 x 19,2 cm circa; 66 pagine.
Chi è l’autore?
Mario Terrosi (1921-1999), il tipografo-scrittore di Grosseto, già balzato alle cronache per via del suo brillante romanzo d’esordio La casa di Novach (Feltrinelli, 1955) che ebbe all’epoca buoni riscontri di critica, nel 1974 – a soli tre anni di distanza dalla scomparsa del suo fraterno amico Luciano Bianciardi (1922-1971), decide di pubblicare un libricino di lettere. Corrispondenza privata fra i due amici, nell’arco temporale 1954-1971. Diciassette anni possono non sembrare moltissimi, ma coprono tutta la vita produttiva del grande scrittore, trasferitosi a Milano dalla natia Maremma e autore de Il lavoro culturale, L’integrazione e La vita agra, una trilogia che ha dipinto l’Italia del boom economico, del capitalismo, della nascita dell’era consumistica, aspetti tanto stigmatizzati dall’autore toscano. Si va dalla tragedia della Miniera di Ribolla del 1954, dove morirono 43 minatori, e dal susseguente scritto (con Carlo Cassola) I minatori della Maremma (Bari, Laterza, 1956), alla già citata trilogia e ad Aprire il fuoco (Rizzoli, 1969), il suo ultimo lavoro pubblicato in vita.
Di cosa parla il libro?
“Bianciardi com’era” fu pubblicato dall’editore Il paese reale di Lino Pasquale Bonelli nel 1974. Bianciardi era morto da poco e la critica sembrava già averlo dimenticato. L’iniziativa di Terrosi fu la prima, in ordine di tempo, a rompere questa coltre di silenzio. Vent’anni dopo il libro uscirà ancora e sarà criticato dagli eredi, ma quella è un’altra storia…. Il libro, però, un po’ per la limitata diffusione, la scarsa forza dell’editore e un po’ perché probabilmente capita nel momento sbagliato, non ottiene grandi risultati. Quelle lettere verranno riproposte e pubblicate nel 1985, nell’opera L’intellettuale disintegrato: Luciano Bianciardi (Roma, Ianua), firmata da Mario Terrosi e Alberto Gessani. Più o meno stessa sorte del libro precedente.
Richiesta: 70 €
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