Le lacrime del pagliaccio, di Maurizio De Giovanni (Napoli, Graus, 2006).
Brossura editoriale con alette; formato di 15,1 x 20,9 cm circa; 198 pagine; prima edizione.
Chi è l’autore?
Maurizio De Giovanni (Napoli, 1958) è uno scrittore, sceneggiatore e drammaturgo italiano, autore perlopiù di romanzi gialli. A Napoli vive e lavora. Nel 2005 partecipa a un concorso riservato a giallisti emergenti indetto da Porsche Italia presso il Gran Caffè Gambrinus, ideando un racconto ambientato nella Napoli degli anni trenta intitolato I vivi e i morti, che diventa la base di un romanzo edito da Graus Editore nel 2006, Le lacrime del pagliaccio, poi riedito l’anno successivo con il titolo Il senso del dolore: ha così inizio la serie di inchieste del Commissario Ricciardi. [fonte: Wikipedia]
Di cosa parla il libro?
Del giallista Maurizio De Giovanni pochi sanno che il suo primo libro fu Le lacrime del pagliaccio (Napoli, Graus Editore, marzo 2006). Fu Aldo Putignano a curarne le sorti e sebbene quell’acerbo lavoro non incontrasse del tutto l’approvazione generale, fu un primo passo assolutamente decisivo nell’affermazione del suo autore, che oggi è da molti considerato il maggior scrittore italiano di quel genere.
“Ti dicono che il protagonista del romanzo che stai per leggere – un commissario di pubblica sicurezza nella Napoli fascista – ha facoltà paranormali, ed è naturale che qualche dubbio ti venga. Voglio dire, non è leale che un poliziotto si metta a cercare indizi con la bacchetta da rabdomante e si faccia spifferare il nome del colpevole dalla tavoletta Ouija! Poi però ti metti a leggere e i dubbi piano piano svaniscono.
Innanzitutto il commissario Ricciardi il potere ce l’ha, ma non sempre gli serve a scoprire il delinquente di turno: a volte lo mette in condizione di imboccare la direzione giusta per le indagini, a volte nemmeno quello. Questo perché a Ricciardi capita di continuare a vedere, per giorni e settimane, i “fantasmi” delle persone morte di morte violenta, cristallizzati nel luogo dove hanno perso la vita e nell’azione che stavano compiendo in quel momento. Non è un bel vedere e non si può biasimare il commissario se si porta appresso un carattere mutanghero e a volte scontroso. Il che, unito a una strisciante vena d’insubordinazione nei confronti del potere, lo rende poco gradito ai superiori e rispettato dai subordinati.” [fonte: Ugo Mazzotta, in “MilanoNera”]