"Avete fatto caso che gli unici roghi della storia riguardano libri e streghe?"

 

La sherlockiana come la frutta martorana: buonissima!

 

di Aldo Lo Presti

 

Per noi lettori golosi&onnivori andare in edicola è come ritornare a casa, come quando, cioè,  s’andava a comprare la frutta martorana nella più bella pasticceria di Vigata, in via Roma, pensandoci dal giorno prima!

E proprio come allora, con la medesima golosità, aspettiamo l’uscita dell’ultimo numero della serie dei Gialli Mondadori Sherlock, la collana di letteratura d’investigazione composta da pastiche apocrifi dedicati a Sherlock Holmes, un personaggio che, “una volta conosciutolo, non si potrà più fare a meno di amarlo” (per usare le parole di Pier Carpi) e – aggiungiamo noi – di ringraziarlo per la “sterminata figliolanza” (idem) che ne è derivata!

Dando pienamente ragione a Borges, per il quale si deve poter essere orgogliosi dei libri “letti” piuttosto che di quelli “scritti”, dichiarandoci orgogliosissimi delle sedicimila pagine di cui, sinora, si compone la serie gialla citata, una serie imprescindibile per ogni appassionato delle gesta del “Detective Policeman” londinese nato e rinato (dalle sue stesse ceneri, come una fenice, per stare nella fabbrica di Alberto Tedeschi) dalla fertile e felice penna di Arthur Conan Doyle.

Una  sottocollana “figlia” della serie “madre” che ha garantito la pubblicazione di romanzi ispirati al mondo fantasmagorico di Sherlock Holmes frutto dell’ispirazione d’autori d’origine soprattutto anglosassone, con qualche più rara eccezione nostrana, si vedano i soli quattro apocrifi di Paolo Lanzotti, Enrico Solito, Luca Sartori e Daniele Pisani, pronti, però, a ricevere il testimone dal Rino Cammilleri dell’intrigante Sherlock Holmes e il misterioso caso di Ippolito Nievo pubblicato nei classici “Gialli Mondadori” in prima edizione nel febbraio del 2014 al numero 3102, un romanzo che ha solo l’aspetto di un romanzo storico, essendo in realtà (!) del tutto (o quasi) “incoerente” in fatto di “date, nomi e fatti”, per usare le parole del suo stesso autore!

Numerose altre “incoerenze” e “libertà” s’incontrano nella “nostra” Scherlockiana, curata da par suo da Luigi Pachì e autore a sua volta della rubrica d’approfondimento pubblicata in ogni numero in appendice intitolata “Sotto la lente di Sherlock”.

Una sottocollana, questa mondadoriana, che si è strutturata in ottanta pastiche doyleniani  pronti ad inseguire con accanimento e fedeltà (quando più, quando meno!) quanto stabilito urbi et orbi nel  cosiddetto “canone”, costituito da sessanta storie originali scritte da Sir Arthur Conan Doyle, a partire dal 1887 (Uno studio in rosso) e sino al 1927 (La corsa decisiva), tra romanzi (quattro) e racconti brevi.

 

Apocrifi delle mie brame, chi è il più Sherlockiano del reame?

 

Si ricorda che gli apocrifi nascono già nel 1908, quando apparve l’“Arsène Lupin contre Herlock Sholmes” di Maurice Leblanc edito da Pierre Lafitte e C.ie Èditeurs di Parigi alla quale parodia fecero seguito i racconti che il figlio di Conan Doyle, Adrian, scrisse con John Dickson Carr, pagine che hanno aperto le acque alle centinaia di epigoni prontissimi ad in/seguirne le orme.

Autori come Isaac Asimov, Stephen King ed Ellery Queen, tanto per citarne alcuni tra i più celebri in grado di rispondere in pieno alla funzione di propagandarne all’infinito il mito, prolungandone la memoria, capaci di farci ri/gustare le atmosfere brumose e fumose (di tabaccaccio da pipa usato e riusato) così tipiche delle storie londinesi della triplice alleanza di stanza in Baker Street 221b: Sherlock Holmes, John H. Watson e la sorprendente (ma non per chi ha letto i romanzi di Barry S. Brown e di Martin Davies) Sig.ra Hudson!

Le nuove avventure sherlockiane si presentano in ordine di… “corposità editoriale” (la stessa che usiamo per tenere in ordine la nostra collezione così da salvaguardare la coerenza narrativa d’ogni singolo ciclo narrativo) a partire dal romanzo Sherlock Holmes e il diario segreto del Dottor Watson del newyorkese Phil Growick  nella traduzione di Alessandra Calanchi (un cognome che abbiamo subito inteso come beneaugurante per chi come noi ama la prosa di Bonaventura Tecchi che proprio tra i… calanchi di Bagnoregio nacque!) proponendo pertanto una “tassonomia per densità” che si spera non risulti né arida né inutile, evitando un effetto da dizionario fuori tempo (massimo) potendosi rintracciare i dai relativi ai titoli, al numero di collana e la data di stampa e di uscita in edicola consultando agevolmente la sempre meno approssimativa “WikipediA2: David Stuart Davies (7); Barry S. Brown, Amy Thomas, Daniel D. Victor, Tim Symonds (4); Geri Schear, Richard T. Ryan, Nicholas Meyer, Martin Davies, John Hall, James Lovegrove, Kieran Mc Muller (3) e Phil Growick, Dan Andriacco, Barrie Roberts (2). A questi seguono altri ventuno autori per i quali ci attendiamo i loro succosi bis.

Ci sia permesso, infine, di specificare che tra tutti i romanzi letti, il più bello è… il prossimo! e che molto ci attendiamo dalla lettura del volume di Luigi Pachì, Nuove mappe dell’apocrifo edito in questi giorni per Delos, dopo aver “preso” la mira del discorso sulle pagine della “sua” sherlockiana, per trovare altri motivi di ammirazione per tutti gli autori, nazionali e internazionali, che si sono prodigati per rendere meno tristi le nostre giornate.

 

Pagine che seguono quelle di Pier Carpi (“Il mistero di Sherlock Holmes” (Firenze/Milano, Gino Sansoni Editore; prefazione di Alberto Tedeschi, s.d.)
e di Simone Berni (Sherlock Holmes e lo strano caso della moltiplicazione delle sue avventure, in: “Dischi volanti e Mondi Perduti”
(Macerata, Biblohaus, 2008).

 

 

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Arsène Lupin contre Herlock Sholmes, Leblanc Maurice, by Pierre Lafitte, 1909

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Dischi volanti e mondi perduti. A caccia di libri proibiti, 2008, Simone Berni – BIblohaus

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